Nelle settimane scorse il primo itinerario del progetto Slow travels ha iniziato a muovere i suoi passi iniziali verso la progettazione partecipata di alcuni percorsi eco-turistici che, promuovendo un’idea di tempo libero intimamente connessa a forme di mobilità dolce, aspirano a far vivere il territorio abruzzese all’insegna della lentezza. Lentezza non solo come riappropriazione di un tempo liberato dai ritmi accelerati della quotidianità, ma anche come calmo attraversamento di uno spazio che ancora oggi comunica la sua unicità e la sua straordinarietà attraverso paesaggi ad alto valore naturalistico. Lentezza come “assaporimento” delle micro-storie, quelle che spesso hanno come palcoscenico paesi purtroppo in via di estinzione sociale, poiché abitati da troppe poche persone. Anziani per lo più. Lentezza anche come dimensione riflessiva, che si genera e si alimenta grazie ad un incontro sui generis, tra i soggetti viaggianti e i residenti, tra quelli che hanno voglia di ascoltare e quelli che vogliono raccontarsi. Lasciandomi suggestionare dalle teorie interpretative di geertziana memoria, sarei tentata nel sintetizzare questa idea di lentezza definendola come una sorta di modalità thick di fare turismo. Turismo lento come thick tourism, come esperienza “spessa”, densa, di fare viaggio.